21 Novembre 2024
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Vigneto Bio

I principali interventi da realizzare partendo dalla conversione dell´impianto convenzionale. In provincia di Modena sono oltre un centinaio le aziende viticole "bio".
Le preoccupazioni di tipo ecologico, unitamente alla tendenza del consumatore a orientarsi verso prodotti sani, privi di residui chimici, hanno indubbiamente stimolato la diffusione di modelli agricoli alternativi, eco-compatibili. Attualmente il metodo biologico
ha assunto un ruolo di una certa importanza all´interno del mondo produttivo agricolo dell´Emilia-Romagna. Nella provincia di Modena, così come in altre province, si è registrato un incremento non trascurabile nella diffusione di tali tecniche, in particolare nel settore delle grandi colture (cereali autunno-vernini, mais, proteoleaginose, foraggere), delle colture frutticole (pero) e della vite. La vite, tra le specie arboree, è con molta probabilità quella che meglio si adatta ad una gestione di tipo biologico,
soprattutto in riferimento alla difesa antiparassitaria: anche se le avversità che interessano il "sistema vigneto"
sono molteplici, quelle che possono effettivamente creare seri problemi sono un numero limitato.
Agricoltura eco-compatibile
Attualmente, nel Modenese, la superficie investita a vigneto in produzione è circa 7.853 ettari (41% della superficie a colture arboree) distribuita su circa 2.000 aziende viticole a titolo principale o secondario, con una produzione complessiva di uva di circa 1.680.000 quintali. Il 47 per cento delle aziende ha
una superficie vitata inferiore a un ettaro, mentre l´88 per cento inferiore a 5 ettari. I dati attualmente disponibili segnalano 111 aziende viticole in regime biologico; 58 di queste, per una superficie
complessiva di 113 ettari, sono distribuite nelle zone di pianura e pedecollina, mentre le restanti 53, per una superficie totale di 26 ettari, sono dislocate in alta collina e montagna.
Il panorama agricolo modenese è caratterizzato da un accentuato frazionamento aziendale; quello viticolo poi, denota una polverizzazione degli impiantidi vite.
Questa situazione può rendere abbastanza complessa la trasformazione di una azienda da una gestione di tipo convenzionale ad una di tipo biologico, a causa della probabilità che esistano fonti di inquinamento nelle zone limitrofe all´area da convertire.
La fase dii conversiione
La fase di conversione verso il sistema biologico - che per la vite è di almeno tre anni - rappresenta sicuramente il momento di maggior impegno,
proprio perché si interviene per creare le condizioni ottimali di integrazione del "sistema vigneto" con l´ambiente, cercando di favorire al massimo gli equilibri che sono alla base della gestione
biologica. In questo periodo si dovrà quindi provvedere ad una opportuna sistemazione idraulica del terreno, all´apporto di sostanza organica preferibilmente di origine animale (letame
bovino e/o equino maturi) e all´introduzione di vegetazione arbustiva e/o arborea; inoltre si dovranno mettere a punto le tecniche di conduzione agronomica e fitoiatrica secondo i dettami
del Regolamento Cee 2092/91.
La durata di questa fase, così come il piano di interventi da attuare, dovranno essere approvati dall´organismo di controllo che, a questo scopo, valuterà fattori quali il tipo di gestione precedente,
l´esistenza di fonti di inquinamento in prossimità del vigneto, ecc., importanti per la formulazione di un giudizio di idoneità della azienda alla certificazione biologica.
La difesa fiitosaniitariia
Nella gestione biologica la difesa antiparassitaria, in particolare nei confronti delle crittogame, è uno dei momenti più delicati, se si considera che la gamma di principi attivi disponibili è limitata
e la loro azione è esclusivamente di tipo preventivo; questo stato di cose porta spesso ad effettuare un numero rilevante di interventi, soprattutto con prodotti cuprici e nelle annate con andamento climatico particolarmente avverso, con conseguente accumulo di rame nel terreno e un aggravio dei costi di gestione del vigneto.
La contaminazione da rame del suolo costituisce un problema serio, poiché ha effetti negativi sulla pedofauna e altera l´equilibrio microbiologico ed enzimatico del terreno, provocando
fenomeni di acidificazione; è indubbiamente uno degli argomenti più discussi nel caso della viticoltura biologica. Le notevoli acquisizioni tecnicheche si sono avute nell´ambito della lotta integrata negli ultimi anni evidente-
Novembre 2000
Agricoltura eco-compatibilemente non trovano un analogo riscontro nel settore dei prodotti biologici, in buona parte perché l´attività di ricerca e sperimentazione di questo settore è ancora limitata.
La riduzione delle dosi di rame, facendogli mantenere la sua efficacia antiperonosporica, è sicuramente uno dei temi su cui si sta concentrando l´attenzione e su cui occorrerà lavorare ancora più alacremente, anche in vista delle limitazioni d´uso di questo prodotto, che verranno imposte dal 2002.
La teecnica agronomica
La scelta del vitigno rappresenta un momento cruciale nella fase di impianto del vigneto e deve avvenire soprattutto
in funzione dell´obiettivo enologico che si vuole raggiungere. Perciò è molto importante assecondare la vocazionalità dell´area di inserimento da valutare tramite gli indici climatici. Il portinnesto è l´altroelemento fondamentale per la realizzazione di nuovi impianti, in quanto - grazie alla capacità di regolazione della vigoria, alla selettività nell´assorbimento di elementi minerali, alla più o meno elevata
resistenza al calcare, alla siccità, all´eccesso di umidità, ai cloruri e ai nemato-
L´apporto di sostanza organica, preferibilmente di origine animale, è fondamentale
per aumentare e mantenere fertilità e attività biologica del suolo.

Si può ottimizzare i rapporti tra terreno e vitigno; in alcuni casi, inoltre, il portinnesto può ridurre notevolmente la suscettibilità del vitigno ad agenti fitopatogeni (legno riccio). La forma di allevamento e la relativa densità d´impianto, scelte in funzione del livello di fertilità dell´area considerata, devono dar luogo ad un apparato vegetativo dalla vigoria contenuta
e con una struttura capace di ottimizzare ricezione dell´energia radiante e la circolazione dell´aria al suo interno. Complessivamente, in ambienti caratterizzati da un basso livello di fertilità, come le zone di collina e montagna, si possono utilizzare forme di allevamento a controspalliera (ad esempio Cordone speronato, Sylvoz-Casarsa) che tendono ad assecondare la vigoria della pianta. Per contro nelle zone di pianura, dove normalmente la fertilità è decisamente più elevata, è meglio orientarsi verso sistemi a cortina (Cordone libero, G.D.C.) nei quali tralci ricadenti riducono la vigoria della pianta.
Queste scelte dovranno trovare una logica continuazione in una corretta gestione agronomica dell´impianto, che contribuirà alla creazione e al mantenimento
di un equilibrio vegeto-produttivo ottimale. La gestione del suolo con inerbimento interfilare, scegliendo le essenze più adatte all´ambiente, permette di regolare la vigoria della pianta, di apportare sostanza organica vegetale e far fronte a fenomeni erosivi; corretti interventi di potatura secca e verde consentono di regolare opportunamente il numero di gemme per pianta, il posizionamento degli speroni sul cordone permanente e l´architettura della chioma, controllando il livello di vigoria e facilitando le successive operazioni colturali.
Le concimazioni devono essereequilibrate, mirate alla compensazione delle asportazioni e, per quelle azotate, preferibilmente frazionate nel tempo(dal germogliamento all´inizio della fioritura) in funzione della quantità di elemento da distribuire.
Le irrigazioni, infine, debbono assumere carattere di soccorso ed essere effettuate dalla fase di allegagione a quella di pre-invaiatura.
Tutti gli interventi descritti si integrano con la gestione fitoiatrica, rendendola più agevole ed efficace. 

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