14 Marzo 2025
visibility

CATALOGO INERBIMENTO

Dimensione: 2,92 MB
Titolo del paragrafo
La maggiore attenzione ai problemi di natura ambientale, l’esigenza di
produzioni quantitativamente meno elevate e di qualità hanno spinto i
viticoltori a rivedere le loro strategie di gestione del suolo dando all’inerbimento un ruolo di primo piano.

L’inerbimento è una tecnica praticata da molto tempo, soprattutto nelle zone ad elevata piovosità e per lottare contro l’erosione dei vigneti in pendio.
Oggi si sviluppa largamente anche in altri ambienti per rispondere agli obiettivi di controllo del vigore della vite, di conservazione del suolo, di economicità e qualità delle produzioni nel rispetto dell’ambiente.

La “consociazione vite-prato” è infatti il modo più avanzato di produzione, di difesa della fertilità, di mantenimento degli equilibri vegeto produttivi e ambientali con il minor impegno di interventi colturali ed è inoltre in grado di equilibrare l’interazione clima - vitigno - terreno.

Effetti positivi
Si tratta di una tecnica di gestione del suolo dai vantaggi multipli.

Protezione e fertilità del suolo:

· limita il ruscellamento dell’acqua e il trascinamento del terreno nelle parti basse degli appezzamenti; è pertanto un mezzo di lotta efficace contro l’erosione dei vigneti in pendio;

· arricchisce il tenero di S.O. favorendo indirettamente anche la struttura e la porosità dello stesso;

· migliora la portanza, facilita quindi l’accessibilità dei mezzi meccanici in ogni momento in cui è necessario intervenire (trattamenti, vendemmia, ecc.) riducendo in modo sensibile la compattazione del terreno;

· contiene i danni da asfissia radicale favorendo la risalita superficiale delle radici;

· riattiva la microflora e la microfauna del suolo;

· consente un controllo sullo sviluppo delle infestanti.

Controlla in modo razionale la vigoria. Soprattutto in terreni fertili rappresenta lo strumento più efficace per ridurre la vigoria della vite e regolare la produzione favorendo:

· un migliore agostamento dei tralci;
· una migliore qualità della vendemmia.

Si constata inoltre una serie di effetti positivi sulle condizioni nutritive del terreno:

· migliore traslocazione in profondità di elementi notoriamente poco mobili, come fosforo e potassio, ed un migliore assorbimento di microelementi per l’intensa attività di restituzione e di scambio che si instaura tra gli apparati radicali dell’erba e delle viti;

· la presenza del cotico erboso determina, inoltre, una più regolare disponibilità nel tempo di elementi nutritivi.

si registra un “effetto tampone” con limitate oscillazioni periodiche nella disponibilità degli elementi, fenomeno questo particolarmente importante per l’azoto in quanto può, da un lato, limitare la sua lisciviazione, con conseguenze positive per l’ambiente e, dall’altro, frenarne gli eccessi in certe fasi del ciclo produttivo della vite (nella tarda estate in prossimità della raccolta).

Discendono da ciò vantaggi di ordine fisiologico nutrizionale:


· il contenimento della vegetazione (diminuzione del vigore) porta a una limitazione della superficie fogliare di conseguenza migliora l’esposizione dei grappoli alla luce;

· l’apparato radicale della vite si sviluppa maggiormente in profondità;

· si riduce perciò l’insorgenza di clorosi ed altre carenze;

si riducono gli attacchi di botrite, migliora così lo stato sanitario della vendemmia.

Influenza in modo sostanziale la qualità dei mosti e dei vini:

· anticipa la maturazione dell’uva;

· favorisce la gradazione zuccherina;

· aumenta la gradazione alcolica, abbassa l’acidità totale;

· migliora la qualità e il contenuto in polifenoli e antociani (migliore qualità organolettica, migliore colorazione).


Risulta quindi essere una tecnica più rispettosa per l’ambiente perché:

· limita la lisciviazione dei fertilizzanti (nitrati) e dei prodotti fitosanitari;

· riduce l’impiego di erbicidi;

· stimola l’attività biologica (microrganismi, lombrichi, ecc.) grazie ad una migliore aerazione del suolo e alla presenza di sostanza organica;

· rende più gradevole il paesaggio.

Infine, da un punto di vista gestionale, è una soluzione meno costosa rispetto alle lavorazioni. Si ha, infatti, un abbassamento dei tempi di lavoro (potature verdi, secche…) in relazione alla minor vigoria ma, soprattutto, perché il taglio dell’erba eseguito 3-4 volte l’anno è più veloce dell’erpicatura o della fresatura
e meno impegnativo sotto il profilo energetico.


Effetti negativi

Accanto ai notevoli effetti positivi appena visti, occorre tuttavia tener presente che l’inerbimento esercita una competizione idrica e nutritiva nei confronti della vite con possibili riflessi sulla sua attività vegetativa e produttiva.

La competizione idrica costituisce un problema reale dove non è possibile

l’irrigazione e negli ambienti caratterizzati da irregolari o scarse precipitazioni durante il periodo vegetativo.

Tale aspetto assume diversa rilevanza non soltanto in rapporto alle caratteristiche climatiche di una determinata zona, ma anche, in misura non trascurabile, in relazione alla natura del terreno cioè alla sua capacità di ritenzione idrica.

È tuttavia da tenere presente che il verificarsi di queste situazioni in modo più o meno accentuato dipende anche dal modo in cui l’inerbimento viene realizzato.

dutti
Inoltre abbiamo l’impossibilità di interrare le foglie dell’annata precedente e il legno di potatura può costituire, in primavera, qualche fonte d’infezione di peronospora, escoriosi e botrite; per contro, la presenza di determinate specie erbacee consente la migliore sopravvivenza per alcuni insetti predatori utili, che si cibano di tignole e di ragnetti.


Tecniche dell’inerbimento

Il modo più semplice e più diffuso per ottenere lo sviluppo di un manto erboso sulla superficie di un vigneto è di lasciare crescere la flora spontanea e sottoporla a periodiche falciature. ( sfalci numerosi facilitano lo sviluppo di graminacee mentre, diminuendo il numero di sfalci, si sviluppano maggiormente le dicotiledoni).

Spesso, tuttavia, le specie erbacee autoctone presentano alcuni limiti individuabili:

- nella copertura lenta e non uniforme;

- nella scarsa protezione contro erosione e compattamento;

- nel sopravvento di specie molto esigenti per l’acqua ed elementi nutritivi.

Per queste ragioni, nella realtà operativa, è sempre più frequente il ricorso all’inerbimento artificiale con semina di specie in purezza o, meglio, di appropriati miscugli.

In ogni caso, prima di realizzare qualsiasi tipo di inerbimento, è necessaria un’attenta valutazione di ciascuna situazione aziendale, prendendo in considerazione la natura del suolo, la pluviometria, le produzioni, l’impostazione e le caratteristiche del vigneto.

Inoltre occorre tener conto dei problemi da risolvere quali erosione, fertilità agronomica, transitabilità del suolo, equilibrio vegeto-produttivo del vigneto.

Una volta definiti gli obiettivi, in funzione di questi occorre:

- scegliere le varietà o la composizione specie-varietà più adatte;

- il tipo di inerbimento (parziale, totale, ecc.);

- osservare il vigore delle viti ed eventualmente analizzare il tenore di azoto dei mosti per correggere eventuali “crisi”del vigneto;

- se la concorrenza deve essere moderata limitare la superficie inerbita o inerbire un interfilare su due.

Inerbimento artificiale:

criteri per la scelta della specie
Come quello naturale può essere totale, parziale, a file alterne.

Offre però possibilità più ampie perché una semina mirata, di una o più specie erbacee, consente di ottenere:

- coperture più rapide ed efficienti;

- coperture caratterizzate da differenti livelli di competizione.

Salvo casi particolari il fattore che più condiziona la scelta delle specie e la composizione dei miscugli è, come sempre, la disponibilità idrica.

Ciò significa che è indispensabile scegliere una o più specie che abbiano:

- limitati fabbisogni idrici;

- radici non molto sviluppate in profondità;

- sviluppo modesto della parte aerea;

- scarse esigenze in elementi nutritivi.

Specie

La preferenza data alle Graminacee nella composizione dei miscugli rispetto alle Leguminose, è legata ad alcune importanti caratteristiche di queste piante che presentano specie/varietà in grado di tollerare stress molto forti e di ogni tipo, fino a sopportare numerosissimi tagli l’anno oltre ad un uso intenso calpestio).

Le Leguminose in generale presentano, infatti, un cotico meno continuo, una biomassa con un eccessivo contenuto in acqua, minore resistenza al calpestamento, scarsa aderenza al transito delle macchine.

RICORDA A volte le specie singole presentano solo in parte le caratteristiche richieste per determinati obiettivi, per questo è preferibile realizzare gli inerbimenti del vigneto con miscugli, per cogliere gli effetti diversificati e complementari delle diverse specie-varietà in consociazione.

In linea generale è consigliabile orientarsi sull’impiego di miscugli ottenuti dalla consociazione di 2-3 specie con caratteristiche complementari, miscugli cioè che uniscono specie con diverse velocità di insediamento e durata, questo per ottenere una maggiore adattabilità alle differenti situazioni.

È necessario, quindi, conoscere a fondo le principali caratteristiche delle specie, ma soprattutto prendere in considerazione ed esaminare, all’interno delle singole specie, i caratteri e le attitudini delle corrispondenti varietà.

Generalmente è buona norma avere più varietà per ogni specie, al fine di aumentare la quantità di caratteri favorevoli del miscuglio.
Per arrivare a determinare il grado di attitudine di specie-varietà a un certo tipo di prato, e quindi “usarle” convenientemente, è necessario conoscere a fondo le principali caratteristiche delle specie.
Questo è solo un primo passo, il successivo è quello di esaminare caratteri e quindi attitudini delle corrispondenti varietà.

Nell’ambito delle Graminacee e prendendo come esempio la specie Festuca
arundinacea, esistono sul mercato varietà di uso foraggero, molto produttive
e quindi competitive che, se impiegate nei vigneti, potrebbero creare seri problemi alla vite, e varietà di seconda generazione dallo sviluppo più contenuto e, infine, varietà di recentissima introduzione di dimensioni e sviluppo più modesti.
Festuca arundinacea: ha dimostrato ottime doti di persistenza, aggressività nei confronti delle infestanti; l’insediamento invece è lento, la biomassa prodotta varia da un minimo di 1,5 t ha-1 a un massimo di 5 t ha-1, richiedendo 2-3 interventi di trinciatura all’anno; da adottare in terreni profondi e in ambienti con discrete precipitazioni durante il periodo vegetativo della vite; ha azione marcata nel deprimere il vigore del vigneto

Generalmente è buona norma avere più varietà per ogni specie, al fine di aumentare la quantità di caratteri favorevoli del miscuglio.
Per arrivare a determinare il grado di attitudine di specie-varietà a un certo tipo di prato, e quindi “usarle” convenientemente, è necessario conoscere a fondo le principali caratteristiche delle specie.
Questo è solo un primo passo, il successivo è quello di esaminare caratteri e quindi attitudini delle corrispondenti varietà.

Lolium perenne: specie competitiva, ha funzione di «starter», apprezzata sia per consolidare rapidamente le superfici in pendio come pure per contenere le infestanti nelle prime fasi di insediamento del cotico; tuttavia non è di lunga durata, infatti dopo alcuni anni regredisce a vantaggio delle altre componenti del miscuglio. È da impiegare nelle associazioni in proporzioni del 10-35%.

Poa pratensis
: specie stolonifera, longeva ma lenta a installarsi; successivamente però, grazie ai forti stoloni ipogei e alla elevata resistenza al calpestamento, gioca un ruolo decisivo nei prati non produttivi per l’attitudine a chiudere i vuoti lasciati dalle altre specie. Percentuale di impiego nei miscugli: circa 20%.

Falaride (Phalaris aquatica L: insediamento lento nel primo anno, poi negli anni successivi assume notevole vigore vegetativo, specie in primavera e autunno; dopo la spigatura, in estate, va in stasi vegetativa e questo permette di contenere il consumo idrico; ha produzione di massa verde tra 2 e 5 t ha-1 anno-1, gestibile con 2 o 3 trinciature; deprime il vigore vegetativo del vigneto in maniera minore rispetto alla Festuca arundinacea;

Erba mazzolina (Dactylis glomerata L.): caratterizzata da un lento insediamento, successivamente produce in modo elevato (4-6 t ha-1 anno-1) in particolare nei mesi primaverili e autunnali; persistente;
  • Festuca rubra: specie frugale di modesta resistenza al calpestamento. Le varietà appartenenti a questa specie vengono suddivise in tre sottospecie:

  1. Festuca rubra commutata: non stolonifera, ginocchiata e brevemente strisciante alla base. Forma un prato molto fitto e fine.
  2. Festuca rubra trychophylla: con corti stoloni e foglie simili alla precedente, ma ancor più resistente alla siccità.
  3. Festuca rubra rubra: stolonifera, tende a formare un prato con molti vuoti. Ha foglie più larghe delle due precedenti. L’uso di varietà non migliorate nei miscugli può portare a risultati scadenti.

Le sottospecie commutata e trychophylla, per le più modeste esigenze nutritive e manutentive, nonché per i ridotti accrescimenti, sono utilizzate per la costituzione di prati rustici. Percentuali di impiego: 25-50% da ripartire fra le tre sottospecie.

Festuca ovina duriuscula: tipica di luoghi aridi e magri, ha foglie molto fini, dure di colore intenso. È poco esigente in acqua, elementi nutritivi e manutenzione e per questo si presta per la realizzazione di prati estensivi, rustici, soprattutto in regioni aride.

Festuca ovina tenuifolia: rispetto alla precedente, ha foglie meno coriacee, tollera meno il calpestio, ma di più l’ombra.

L’eccezionale frugalità di Festuca ovina è dovuta alla bassa produzione di biomassa e al modesto coefficiente di evapotraspirazione (178 litri di
acqua/kg sostanza secca) rispetto ad esempio, a Lolium perenne (280 l/kg ss).

Complessivamente la percentuale di impiego delle festuche ovine può arrivare,
limitatamente ai terreni magri, fino al 40%.

Negli ultimi anni si sono provate nuove specie di Festuca, quali la longifolia e altre di origine boreale. Sono specie caratterizzate da foglie molto fini, da limitate esigenze idriche e nutrizionali e dal contenuto sviluppo primaverile ed estivo in quanto piante brevi diurne.

La loro diffusione è tuttora limitata, soprattutto per la scarsa resistenza al calpestamento e per i costi elevati della semente. Più promettenti sembrano alcune specie di Festuca di origine ungherese (Festuca pseudovina) da alcuni anni in prova presso i vigneti sperimentali dell’Università di Bologna.

Esiste comunque una dinamica evolutiva delle associazioni iniziali e l’esito di questa dinamica deve essere, per quanto possibile, conosciuto anticipatamente; è inevitabile che col tempo le cotiche ottenute con la semina
si lascino penetrare dalle specie autoctone, con il risultato di una maggiore diversità floristica.

In conclusione, è opportuno ricordare come la scelta dei miscugli (più o meno competitivi) dovrà tener conto anche dell’estensione della superficie inerbita. Quest’ultima, infatti, può attenuare o viceversa esaltare l’aggressività del cotico che, se interessa tutta la superficie, anche utilizzando miscugli frugali, risulterà alquanto competitivo verso la coltura. La presenza di una striscia senza erba nel sottofilare, o ancor più, l’inerbimento di un interfilare sì e uno no, ridurrà tale competizione.



Inerbimento con leguminose autoriseminanti

Tuttavia, l’unica Leguminosa proponibile in ambito viticolo è il Trifolium repens, (oppure il trifoglio Subterraneo ma attenzione al pH del suolo ) specie permanente per la sua capacità di diffondersi per via vegetativa; predilige terreni di medio impasto, non è particolarmente aggressiva, può in alcuni casi (annate particolarmente favorevoli) portare ad un rigoglio vegetativo tale da ritardare la lignificazione e la maturazione dei tralci della vite (agostamento).

Andrà quindi usato solamente in miscugli con Graminacee.
È di media persistenza ed è facilmente penetrabile dalla flora spontanea.
Una particolare menzione riguarda le leguminose autoriseminanti per una loro peculiarità che asseconda perfettamente le esigenze del vigneto: queste essenze hanno un ciclo che si interrompe in concomitanza con l’avvio del periodo vegetativo della vite.
Infatti, il ciclo delle erbacee in questione si completa con la maturazione dei semi che avviene all’incirca nei primi giorni di giugno; periodo delicato per la vite poiché coincide con il momento della fioritura, ma quasi sempre non caratterizzato da stress idrico.

Le specie più frequentemente utilizzate sono: trifoglio sotterraneo (in senso lato) e mediche annuali (Medicago polymorpha L.).

Al primo gruppo si associano Trifolium subterreneum L., Trifolium brachycalyicinum e Trifolium yanninicum; questi hanno caratteristiche morfologiche ben differenziate.

Trifolium subterraneum e Trifolium yanninicum si distinguono per interrare completamente l’infiorescenza; in genere prediligono terreni subacidi e non tollerano elevati tenori di calcare;

il Trifolium yanninicum, inoltre, è maggiormente adatto per terreni asfittici.

Il Trifolium brachycalyicinum ha portamento più eretto rispetto al T. subterraneum ed è quindi più competitivo nei confronti delle infestanti; è meno sensibile al calcare rispetto a tutti gli altri.

La produttività è estremamente variabile (da 0,6 fino a 3,6 t ha-1 anno-1).
Per quanto riguarda le mediche annuali ci si riferisce principalmente alla Medicago polymorpha che, in ambiente mediterraneo, svolge il suo ciclo tipicamente da novembre a maggio.
Le tabelle riepilogano le principali caratteristiche delle specie e le cultivar impiegate in varie prove di inerbimento.



Scartate, quindi, tutte le varietà foraggere si impone la necessità di orientare la scelta verso Graminacee e Leguminose migliorate e selezionate per obiettivi diversi ovvero di materiale che non è destinato, alla produzione di biomassa.

In questo modo, una volta approfondita attentamente la risposta ai diversi ambienti viticoli del materiale (specie-varietà singole o associate), è possibile costituire inerbimenti meglio controllati, a bassa competizione, dalle caratteristiche note e quindi ripetibili.

Comportamenti di specie e varietà

Un primo importante carattere è la velocità di insediamento .
In anni di prove in diversi ambienti si sono evidenziate le caratteristiche, peraltro note, delle differenti specie, confermando la netta superiorità del Lolium perenne per questo carattere.
Ciò può risultare particolarmente
interessante per contenere le infestanti nelle prime fasi di insediamento del cotico e per consolidare rapidamente le superfici ad alto rischio di erosione.
Con specie-varietà di rapido insediamento si avrà, poi, un controllo naturale di tutta la flora spontanea che spesso è molto vivace, aggressiva e forte produttrice di biomassa, quindi potenziale competitrice della vite. Altre specie quali Festuca rubra spp., Festuca ovina, Poa pratensis, invece, mostrano in alcuni casi difficoltà all’insediamento se seminate troppo tardivamente, con temperature rapidamente decrescenti.
La Festuca arundinacea risulta abbastanza lenta nell’insediamento ma poi infittisce e la sua aggressività impedisce lo sviluppo della vegetazione
spontanea.
Un altro importante carattere è l’andamento dell’investimento negli anni In questi ambienti una sostanziale tenuta della copertura con valori prossimi o superiori al 70% è stata evidenziata per alcune varietà delle seguenti specie: Lolium perenne, Festuca arundinacea, Festuca ovina, mentre per altre specie (Festuca rubra commutata, Festuca rubra trichophylla, Poa pratensis) e, in ambienti poco fertili, si può verificare un declino anche rapido di copertura.
Lolium perenne, diversamente da quanto comunemente si ritiene, mostra una discreta persistenza.
È necessario fare molta attenzione anche alla scelta varietale, potendosi
riscontrare una discreta variabilità di comportamento all’interno delle differenti specie.
È tuttavia da tener presente che in ambienti particolarmente fertili, e con piogge ben distribuite, anche specie come Poa pratensis possono garantire un’ottima copertura, congiuntamente a bassi livelli di produzione di biomassa.
Analogo discorso può essere fatto anche per il Trifolium repens, ovviamente
con livelli di produzione di biomassa più importanti, ma accompagnati da un discreto apporto di azoto naturale.
Questa specie mostra, però, discontinuità di comportamento con oscillazioni
anche ampie: può non apparire o, viceversa, diventare dominante, anche se in modeste percentuali (3-5%) nel miscuglio iniziale



La gestione dell’inerbimento

Per una buona riuscita del cotico sono necessarie alcune condizioni:

- buona preparazione del letto di semina;

- scelta del momento più favorevole per la semina.


I momenti più favorevoli sono due:

- da fine inverno a metà aprile;

- in fine estate (da metà agosto a tutto settembre).

Il terreno deve essere affinato in superficie con estirpatori e con erpici rotanti, ciò per facilitare la buona distribuzione del seme che è, normalmente, di dimensione e peso molto ridotti.

È buona regola, dopo la semina, non entrare con mezzi meccanici nel vigneto per un periodo sufficientemente lungo, ciò per consentire un buon insediamento del cotico ed evitare fenomeni di calpestamento; perciò è consigliabile la semina autunnale.

Inoltre, seminando nel periodo autunnale è più facile ottenere tappeti meno

inquinati per la minor competizione delle infestanti annuali.

Per la riuscita del cotico occorre, inoltre:

- una dose di seme sufficiente (intorno ai 10 g/m2 ovvero 100 kg/ha, aumentabile in condizioni difficili);

- effettuare i tagli dell’erba non al disotto dei 5 cm;

- il primo taglio (di pulizia) deve essere eseguito, possibilmente, con una barra falciante e non con trincia erba o trincia sarmenti.

La scelta del miscuglio più adatto dipende da:

· velocità di insediamento e accrescimento;

· epoca della ripresa vegetativa;

· resistenza a siccità, basse temperature e malattie;

· competitività (carattere molto importante se si vuole negare o favorire l’ingresso di flora di sostituzione);

· fabbisogni idrico-nutrizionali;

· attitudine alla bassa manutenzione (tagli poco frequenti);

· resistenza al calpestio.


Cosa Succede in carenza di acqua

In ambienti con precipitazioni scarse (inferiore a 400 millimetri/anno) si ricorre

preferibilmente ad un inerbimento temporaneo, generalmente effettuato nel periodo autunno-invernale. ( utilizzabile volendo anche come Sovescio)

In questo modo il cotico erboso esercita un’importante azione antierosiva nei mesi piovosi, mentre in quelli estivi si evitano competizioni idriche e nutrizionali con le viti.


L’inerbimento permanente, rispetto a quello temporaneo, permette ovviamente
una maggiore difesa contro l’erosione e un minore dilavamento degli elementi
nutritivi, oltre ad una migliore infiltrazione dell’acqua.
In condizioni di elevata disponibilità idrica il manto erboso può ricoprire tutta
la superficie del vigneto, altrimenti può essere limitato agli interfilari, mentre
per la gestione del sottofila si può ricorrere ad altre pratiche, come il diserbo,
la lavorazione o la pacciamatura.


Quest’ultima tecnica contribuisce a ridurre il processo evaporativo lungo il filare durante i primi anni d’impianto poiché la sua durata è limitata.
Il problema principale della competizione per l’acqua, è talmente importante che sulla bilancia conta almeno per tre.
La nutrizione minerale può essere integrata attraverso la concimazione, la minor produzione può essere compensata dalla miglior qualità, il tenore azotato dei mosti può essere facilmente riequilibrato in vinificazione.
Al contrario la mancanza d’acqua è, in una viticoltura asciutta, una cosa molto seria.

Infatti se è vero che una situazione di limitato stress idrico risulta favorevole alla maturazione, perché indirizza la fisiologia della pianta verso l’accumulo di elaborati nel grappolo, uno stress troppo accentuato porta pregiudizio non solo alla quantità della produzione, ma anche alla stessa qualità dell’uva, e all’accumulo di sostanze di riserva nel tronco, con indebolimento generale della pianta e nei casi più gravi e su viti giovani persino la morte.
Le possibili conseguenze negative dell’inerbimento sono accentuate da alcuni ricorrenti errori di gestione, che esaminiamo, sempre in modo schematico e quindi con tutte le riserve del caso, nella seguente tabella:


L’inerbimento parziale

In climi (o con andamenti stagionali) freschi e piovosi e con terreni di buona fertilità, la copertura totale del suolo con il cotico erboso non presenta problemi: ma negli altri casi è opportuno avere fasce non inerbite per ridurre la competizione.
La tecnica più comune è quella di lasciare il sottofila lavorato o diserbato, per una larghezza che in genere va da 50 a 80 cm, e realizzare l’inerbimento solo nell’interfila. L’esposizione all’erosione è ridotta (a maggior ragione se il sottofila è diserbato o lavorato) e il passaggio delle macchine avviene sul suolo inerbito. Esistono anche macchine che trinciano l’erba e la buttano nel sottofila a fare pacciamatura. Un’altra tecnica possibile, molto diffusa, è quella dell’inerbimento a filari alterni, che può rappresentare in molti ambienti una buon compromesso tra inerbimento e lavorazione.

Il ruolo della “biomassa” vegetale e il mantenimento del cotico

E’ opportuno passare a trinciare l’erba non troppe volte, e non prima che questa abbia raggiunto un certo sviluppo. Così facendo, la massa vegetale sminuzzata crea uno strato di “pacciamatura” che è molto utile, perché riduce lo sviluppo dell’erba sottostante e quindi la competizione, limita l’evaporazione dal suolo e la perdita di sostanza organica. Il terreno, sotto questo strato, rimane più soffice e poroso e la microflora più attiva. Occorre considerare anche che la fioritura delle graminacee fornisce alimento ai Fitoseidi, utili predatori che si nutrono anche di polline, quindi se possibile non intervenire in questa fase.
Bisogna poi regolare l’altezza di lavoro degli organi lavoranti della “trincia” (martelli o coltelli) ad alcuni centimetri di altezza dal suolo (3-5): non devono assolutamente raschiare il suolo, bisogna evitare l’effetto “campo da bocce”, pena la perdita dei vantaggi dell’inerbimento e altri problemi, tra cui lentezza di lavoro, usura delle macchine.

Quando e come inerbire, e quando tornare alla lavorazione

Nei vigneti di nuovo impianto in genere si semina il tappeto, o si lascia insediare, dal terzo anno. La semina di un miscuglio appositamente studiato (in genere un misto di graminacee e leguminose), con caratteristiche di rusticità e bassa vigoria è, in generale, preferibile all’inerbimento spontaneo, sia perché di più rapido insediamento, soprattutto se le piogge danno una mano, sia perché nell’inerbimento spontaneo, soprattutto all’inizio, sono presenti specie molto competitive e a radice profonda. In alcuni casi e particolarmente nei vigneti sistemati a rittochino può essere consigliabile inerbire già dal primo anno, almeno su una fascia stretta, per limitare i rischi di erosione. In effetti le radici delle barbatelle non si allontano di molto e la competizione non è quindi così forte come si potrebbe credere.
Nei vigneti in produzione, il passaggio dalla lavorazione all’inerbimento causa un calo vegetativo e produttivo, che può essere particolarmente vistoso nel secondo anno: non bisogna spaventarsi, la vite poi si adatta alla nuova situazione, se c’è buona gestione.
Benché l’inerbimento aumenti molto la portanza del suolo, non si deve pensare che un suolo inerbito sia del tutto esente dal compattamento derivante dal passaggio delle macchine. Purtroppo le necessità relative ai trattamenti e alla gestione del verde fanno sì che nei filari di vite si passi con il trattore diverse volte all’anno, e talvolta con suolo umido o bagnato, e tali passaggi lasciano inevitabilmente il segno nella struttura del suolo: di meno nei suoli sabbiosi, di più in quelli limosi e argillosi. Il compattamento riduce la capacità del suolo di trattenere acqua e gli scambi gassosi tra il suolo e l’atmosfera: limita quindi fenomeni come la mineralizzazione dell’azoto e la perdita di anidride carbonica, la quale tende ad accumularsi nel suolo con possibili conseguenze negative tra cui, nei suoli calcarei, l’aumento della clorosi ferrica. Il compattamento è il principale motivo per cui può essere opportuna, periodicamente, la rottura del’inerbimento e il sollevamento del suolo. Il grado di compattamento può essere verificato e valutato con una semplice vanga.

Quando e come interrompere l’inerbimento

d’estate:
lavorare a scarsa profondità. Estirpatori ad ancora larga.

d’autunno:
lavorazione più profonda, non troppo vicina alle viti, e a filari alterni, per limitare i danni all’apparato radicale e l’erosione. Aratro o estirpatori



I nostri Miscugli

I miscugli sono concepiti tenendo conto delle differenti condizioni agronomiche specifiche.
Solitamente si utilizzano le varietà più precoci in modo da non determinare competizione tra la vigna ed il rivestimento.
E’ di primaria importanza che le piante siano nella fase finale del loro ciclo vegetativo quando l’umidità nel suolo si sta riducendo.

Preparazione del suolo

Preparare il terreno in modo da avere uno strato superficiale di 6-10 cm ben sminuzzato, non eccessivamente soffice.

Concimazioni e correzioni del suolo
Quelle raccomandate per la vigna, prestando particolare attenzione alla concimazione fosforica e a quella potassica. I concimi ed i correttivi devono essere distribuiti in superficie.

Periodo di semina
Settembre/Ottobre. La semina deve essere effettuata il prima possibile dopo la vendemmia.

Profondità di semina

I semi dovranno essere interrati superficialmente, ad una profondità massima di 0,5-1,0 cm, è indispensabile compattare il terreno dopo la semina.

Conduzione e manutenzione del rivestimento:

- Il rivestimento dovrà essere lasciato a riposo completo a partire dalla comparsa dei primi fiori (si verifica solitamente nella seconda metà di Febbraio) affinché produca una buona quantità di semi. La formazione del banco di semi è obbligatoria nel primo anno e facoltativa negli anni successivi al primo.

- Entro la fine dell’estate è indispensabile rimuovere tutto il prodotto secco accumulato attraverso un’azione meccanica. Gli eventuali residui di prodotto secco non rimossi determinano difficoltà nella germinazione dei semi, ed una conseguente perdita della qualità del rivestimento. Questa raccomandazione è valida sia per il primo anno che per gli anni seguenti.


SOTTOFRUTTETO


Utilizzo:

Miscuglio per inerbimento del frutteto e del vigneto ed oliveto.

Resistenze:

Abbastanza resistente al calpestamento dei mezzi agricoli.

Periodo di semina:

Autunno o primavera precoce

Dose di semina:

80 – 100 kg/ha in funzione della preparazione del letto di semina.

Caratteristiche:

Se ben gestito (taglio non troppo basso) ha una lunghissima durata. Composto da piante di ridotto sviluppo vegetativo che competono bene con le infestanti.



Composizione

Festuca Arundinacea

55%

Loietto Perenne

35%

Poa Pratense

10%


Elementi distintivi:


· Varietà a ridotto sviluppo vegetativo con buona copertura e controllo delle infestanti

· Compete meno con il Vigneto rispetto alle erbe spontanee.

· Ottima capacità portante e resistenza al calpestamento e all’ombreggiamento

· Media Rapidità di insediamento

· Persistenza medio Alta

· Resistenza agli stress Medio Alta

· Competizione estiva media


SOTTOVIGNETO

Utilizzo:

Miscuglio per inerbimento del frutteto e del vigneto ed oliveto.

Resistenze:

Abbastanza resistente al calpestamento dei mezzi agricoli.

Periodo di semina:

Autunno o primavera precoce

Dose di semina:

80 – 100 kg/ha in funzione della preparazione del letto di semina.

Caratteristiche:

Se ben gestito (taglio non troppo basso) ha una lunghissima durata. Composto da piante di ridotto sviluppo vegetativo che competono bene con le infestanti.



Composizione

Festuca Rubra

40%

Loietto Perenne

45%

Poa Pratense

8%

Trifoglio Bianco

7%



Elementi distintivi:

· Varietà a ridotto sviluppo vegetativo e ridotta competizione

· Limita la presenza delle infestanti e richiede pochi sfalci

· Alta Rapidità di insediamento

· Persistenza media

· Resistenza agli stress Medio

· Competizione estiva media


AUTORISEMINANTI

Utilizzo:

Miscuglio per inerbimento del frutteto e del vigneto ed oliveto.

Resistenze:

Abbastanza resistente al calpestamento dei mezzi agricoli.

Periodo di semina:

Autunno o primavera precoce

Dose di semina:

35 - 40kg/ha in funzione della preparazione del letto di semina.

Caratteristiche:

Rispettare il prato alla fioritura per permettere la risemina e la rigenerazione autunnale del prato.

Le leguminose annuali presenti, infatti, svolgono il loro ciclo vegetativo durante i mesi freschi e umidi, passando poi l’estate sotto forma di semi e residui secchi sul terreno. Le specie che compongono questo mix sono dotate di meccanismi biologici capaci di evitare la germinazione di gran parte dei semi prodotti in primavera sino all’autunno successivo (semi duri). I semi duri prodotti hanno un tegumento impermeabile all’acqua che permette la germinazione solo dopo scarificatura del tegumento per via meccanica, termica o chimico fisica.



Composizione

Trifoglio Sotterraneo

80%

E. Medica Polimorfa

20%



Elementi distintivi:

· Adatta a terreni anche poveri da subacidi ad alcalini (pH 6-8)

· Mix di sole leguminose autoriseminanti, molto adattabili.

· Assenza di competizione estiva e formazione di uno strato pacciamante che blocca le infestanti nei mesi caldi.

· Migliora la fertilità del suolo e attira gli insetti utili

· Media Rapidità di insediamento Persistenza media

· Resistenza agli stress Medio Competizione estiva bassa


Miscugli per la Biodibersità


Miscugli che si distinguono per l’alta presenza di specie spontanee, con l’obiettivo di avere fioriture diverse e durature nel corso delle stagioni.

Il grande valore aggiunto delle specie selvatiche in questi miscugli sta nella loro estrema rusticità e bassissima richiesta di manutenzione e nella naturale capacità di propagazione negli anni, rendendo più rapido il processo di rinaturalizzazione di un sito.

Vengono inseriti principalmente ecotipi italiani o specie autoctone perfettamente adatte alle nostre condizioni climatiche.

IMPIEGHI:


· Fasce tampone in aree agricole ai bordi delle coltivazioni principali.

· Infrastrutture ecologiche in ambente agricolo per rifugio di insetti utili ed apicoltura.

· Inerbimenti in zone di interesse naturalistico.

· Ripristini di aree marginali e degradate, con ridottissima manutenzione.

· Inerbimenti di zone ad interesse turistico e paesaggistico (agriturismi, fattorie didattiche, campi golf, giardini).


GESTIONE:


· La semina ottimale viene fatta a fine estate su terreno ben preparato e affinato, seguita da rullatura. Possibile la semina primaverile.

· Importante partire da un letto di semina pulito dalle infestanti (consigliata la pratica della falsa semina).

· Le specie ad insediamento più rapido accompagnano e proteggono le specie selvatiche più lente a svilupparsi. Le fioriture delle perenni si apprezzano pienamente dal secondo anno.

· La corretta gestione degli sfalci, da effettuare in primavera ed in autunno dopo le fioriture principali, permette di tenere il prato in equilibrio e pulito da infestanti aggressive.

· Il prato non ha bisogno di concimazioni (le specie selvatiche sono svantaggiate in un suolo eccessivamente fertile).

FASCE TAMPONE FIORITE

Caratteristiche

- Miscuglio contenente specie spontanee perenni da fiore.

- Indicato per la costituzione di infrastrutture ecologiche ai margini delle colture da reddito (erbacee, orticole, frutteti): lo scopo è quello di ospitare insetti utili ed impollinatori che assicurino la produttività delle colture sia in agricoltura biologica che tradizionale.

Specie di fiori spontanei contenuti: Achillea millefolium, Betonica officinalis, Buphthalmum salicifolium, Campanula glomerata, Centaurea jacea, Centaurium erythraea, Cichorium intybus, Daucus carota, Galium verum, Holcus lanatus, Hypericum perforatum, Hypochaeris radicata, Leucanthemum vulgare, Linaria vulgaris, Sanguisorba minor, Scabiosa triandra, Securigera varia, Silene flos-cuculi.

Il contenuto dei fiori spontanei è calcolato per dare un investimento finale di circa 1000 semi/mq

Utilizzo: Apicoltura, aumento della biodiversità negli ambienti agrari, ripristini ambientali in zone naturali.
Epoca: autunnale o primaverile precoce
Dose di semina: 40-45 kg/ha, pari a 4-4,5 g/mq.


PRATO FIORITO

Caratteristiche:

- Miscuglio con elevato contenuto specie spontanee perenni, più alcune annuali.

- Formula pensata per valorizzare zone marginali con bassissima manutenzione a scopo ornamentale e paesaggistico.

- Indicato per ottenere il massimo effetto di prato spontaneo dalla ricca e variegata fioritura.

- Insuperabile rusticità e valore ecologico, associata ad un interessante risultato estetico.

Specie di fiori spontanei contenuti: Achillea millefolium, Anthoxantum odoratum, Anthyllis vulneraria, Betonica officinalis, Brachypodium rupestre, Briza media, Papaver rhoeas, Bromopsis erecta, Buphthalmum salicifolium, Campanula glomerata, Centaurea jacea, Centaurium erythraea, Daucus carota, Filipendula vulgaris, Galium verum, Holcus lanatus, Hypericum perforatum, Hypochaeris radicata, Leucanthemum vulgare, Sanguisorba minor, Scabiosa triandra, Securigera varia, Silene flos-cuculi, Thymus pulegioides, Trifolium Rubens.

Il contenuto dei fiori spontanei è calcolato per dare un investimento finale di circa 2000 semi/mq

Utilizzo: Zone di interesse turistico/paesaggistico: aziende agrituristiche, fattorie didattiche, aree urbane, percorsi golf, apicoltura.
Epoca: autunnale o primaverile precoce
Dose di semina: 25-30 kg/ha, pari a 2,5-3 g/mq.


L’attenzione sempre maggior per una gestione agronomica sostenibile volta alla protezione degli insetti utili ( in particolare gli impollinatori) e alla mitigazione del rischio di contaminazione dei corpi idrici con fitofarmaci, sta favorendo, l’impiego sempre più diffuso di aree di rispetto a bassa manutenzione intorno alle aree coltivate.
Queste strutture svolgono molteplici funzioni:

- hanno ruolo di “filtro” contro il ruscellamento e la deriva di fitofarmaci e concimi, permettendo di ridurne notevolmente l’impatto sull’ambiente circostante

- contribuiscono ad equilibrare l’agroecosistema.

Dopo quasi due anni di prove in campo, nell’ambito del progetto Operation Pollinator® in collaborazione con Syngenta Italia, proponiamo alcuni inerbimenti studiati in modo specifico per queste esigenze e adattabili a tutte le zone climatiche italiane. Attenzione particolare è stata quella di formulare miscugli che abbiano una bassa manutenzione e un elevata rusticità.


I miscugli “Operation Pollinator®”

O.P. RUNOFF

Caratteristiche: miscuglio studiato appositamente per evitare il rischio di ruscellamento superficiale, con una buona percentuale di graminacee che creano copertura omogenea del suolo e discreta tenuta al calpestamento dei mezzi in manovra a bordo campo. La componente ben differenziata di essenze leguminose e mellifere assicura attrattività verso gli insetti utili.

Impieghi consigliati: fascia di rispetto in prossimità di corpi idrici superficiali (canali, scoline, ecc.), in particolare in terreni acclivi facilmente soggetti ad erosione e scorrimento superficiale. Particolarmente indicato per utilizzo in coltivazioni arboree.

Dose di semina: 60 kg/ha.

Epoca di semina: autunnale precoce (possibilmente entro settembre) o primaverile precoce, considerando che il prato deve essere già insediato prima dell’estate.


O.P. RUSTICO

Caratteristiche: miscuglio che garantisce buona copertura del suolo (limitazione di sviluppo di infestanti aggressive indesiderate) e una elevata persistenza, dopo insediamento, anche senza irrigazioni di soccorso. L’utilizzo di alcune specie selvatiche da fiore incrementa la rusticità del prato, la diversità e durata delle fioriture e facilita la successione nel tempo verso un prato equilibrato. Inerbimento a taglia medio-alta, con buon effetto anti deriva e bassissima manutenzione.

Impieghi consigliati: fascia di rispetto e bordo campo sia di colture erbacee che arboree. Adattabile a tutto il Centro Nord Italia.

Dose di semina: 50 kg/ha.

Epoca di semina:
autunnale precoce (possibilmente entro settembre) o primaverile precoce, considerando che il prato deve essere già insediato prima dell’estate.

O.P. RUSTICO DICOTILEDONI

Caratteristiche: variante della formula O.P. Rustico formato da sole specie dicotiledoni (leguminose, selvatiche e mellifere), per ottenere il massimo effetto di rifugio dell’artropofauna utile. Bassa manutenzione.

Impieghi consigliati: fascia di rispetto e bordo campo di colture erbacee, orticole e arboree che necessitano di abbondante presenza di impollinatori. Ampia adattabilità a tutto il Centro Nord Italia, preferibilmente in terreni pianeggianti o poco soggetti a ruscellamento ed erosione.

Dose di semina: 40 kg/ha.

Epoca di semina: autunnale precoce (possibilmente entro settembre) o primaverile precoce, considerando che il prato deve essere già insediato prima dell’estate.


O.P. ZONE ARIDE

Caratteristiche: formula specifica per le regioni a clima strettamente mediterraneo, in cui la stagione più limitante è quella estiva. Il miscuglio di leguminose mediterranee sia autoriseminanti che perenni è nato dalla necessità di creare fasce tampone che anche in queste condizioni non necessitino di alta manutenzione e irrigazione, pur permettendo una buona rigenerazione negli anni. Forma un prato a taglia medio-bassa. Buona attrattività verso gli insetti utili.

Impieghi consigliati:
adatto a tutto il Sud Italia e Isole, per fasce di rispetto da impiegare in colture erbacee, orticole e arboree.

Dose di semina: 45 kg/ha.

Epoca di semina: autunnale precoce (da fine agosto a fine settembre) per sfruttare al meglio le piogge autunnali e garantire una ottimale copertura del suolo prima dell’inverno.



OLIVETO



Nell’oliveta, l'inerbimento rappresenta una tecnica ecocompatibile di gestione del suolo ma la sua applicazione è condizionata da alcuni fattori, in primo luogo dalla competizione per le risorse idriche e nutrizionali con l'olivo.
L'inerbimento permanente viene gestito, con almeno due o tre sfalci del prato, nel corso dell'anno.

Il primo sfalcio, da effettuare prima della ripresa vegetativa, consente di trinciare contemporaneamente anche i residui di potatura.
Il secondo, o terzo, sfalcio viene effettuato in prossimità della raccolta in modo da consentire una migliore transitabilità delle macchine e degli operatori all'interno dell'oliveto.

In un prato costituito da flora spontanea, col tempo possono verificarsi dei fenomeni di selezione che portano al sopravvento di specie maggiormente esigenti per l'acqua e gli elementi nutritivi. Al contrario, con la semina di miscugli idonei è possibile ottenere un prato costituito da specie di taglia ridotta, con un ciclo vegetativo sfalsato rispetto a quello dell'olivo e con bassi fabbisogni idrici e nutrizionali, limitando quindi i fenomeni di competizione tra la copertura vegetale e l'albero.

In generale, per l'inerbimento artificiale è consigliabile orientarsi sull'impiego di misculgi di 2-3 specie, che richiedono pochi interventi per la gestione. Il fattore che più condiziona la scelta delle specie, se non si dispone di un impianto di irrigazione, è la disponibilità idrica.

Nelle aree più fertili e in terreni freschi si possono utilizzare alcune specie di graminacee come Poa pratensis, Lolium perenne e Festuca arundinacea. Un miscuglio adatto per le aree piovose è quello costituito per il 70% da Lolium perenne e per il 30% da Poa pratensis. Lolium perenne ha un’elevata capacità di insediamento e una buona resistenza al calpestamento, Poa pratensis ha una crescita più lenta ma consente il mantenimento del prato artificiale per un periodo di tempo più lungo.

Invece, negli ambienti caratterizzati da estati lunghe e siccitose, si può ricorrere all'uso di essenze erbacee che disseccano e si autodisseminano al sopraggiungere dei primi caldi intensi. Tali specie, come il Bromus catharticus e il Trifolium subterraneum compiono il loro ciclo durante il periodo umido dell'anno, quando cioè le esigenze idriche dell'olivo sono ridotte e sono elevati i rischi di erosione e di compattazione per il passaggio delle macchine.

Per quanto riguarda i nuovi impianti, è sconsigliabile un insediamento troppo precoce dell’inerbimento totale e permanente che, anche in condizioni irrigue, dovrebbe iniziare non prima del terzo o quarto anno dopo la messa a dimora delle piante.

SOTTO OLIVETO

Utilizzo:

Miscuglio per inerbimento del frutteto e del vigneto ed oliveto.

Resistenze:

Abbastanza resistente al calpestamento dei mezzi agricoli.

Periodo di semina:

Autunno o primavera precoce

Dose di semina:

100 – 120 kg/ha in funzione della preparazione del letto di semina.

Caratteristiche:

Se ben gestito (taglio non troppo basso) ha una lunghissima durata. Assicura già al primo anno una bella copertura.



Composizione

T. Sotterraneo

40%

Festuca Rubra

30%

Festuca Ovina

20%

Loietto Perenne

10%



Elementi distintivi:


· Varietà a ridotto sviluppo vegetativo e ridotta competizione


· Limita la presenza delle infestanti e richiede pochi sfalci


· Alta Rapidità di insediamento


· Persistenza media


· Resistenza agli stress Medio


· Competizione estiva media





siti web by www.ideositiweb.it
close
ACCEDI

visibility
NON SONO REGISTRATO

crea account
cookie